I castelli del Ducato Di Parma testo e foto di Toni Spagone

Fare un viaggio per scoprire i segreti dei castelli del Ducato di Parma offre l’opportunità a chi ci crede o a chi è scettico di visitare uno dei luoghi che pare essere tra i più infestati d'Italia. Qui aleggiano leggende e storie enigmatiche del Medioevo che evocano fantasmi, presenze, rendendo suggestiva la visita alle rocche e manieri di cui è ricco il Ducato.


Il castello di Scipione

Il castello, uno dei più antichi dell’Emilia Romagna, è stato costruito per scopi difensivi nel 1025 dai Marchesi Pallavicino per rafforzare il sistema difensivo delle loro proprietà che comprendevano le attuali province di Parma, Piacenza e Cremona. Si dice che in questo castello, sulle colline di Salsomaggiore Terme, aleggino gli spiriti di due innamorati vissuti tra la fine del Quattrocento e primo quarantennio del Cinquecento.

La storia narra che per rafforzare il lregame tra due rami della famiglia, fu combinato un matrimonio tra due cugini: la Marchesa Giacoma Pallavicino di Zibello (1509-1575) e il Marchese Giangerolamo Pallavicino di Scipione (1474-1536). I due si innamorano intensamente e Giangerolamo fece di tutto per tutelare e proteggere Giacoma, decidendo di donarle, quando lui era ancora in vita, una cospicua parte delle sue proprietà. All’epoca era un fatto molto inusuale e sicuramente non piacque ai cugini che si videro negata la possibilità di ereditare le ricchezze di Giangerolamo alla sua morte.

Giangerolamo pagò questo gesto di amore a caro prezzo: venne brutalmente assassinato dai cugini davanti alla Chiesa di Scipione. Giacoma rimase vedova a 27 anni e non si risposò dedicando tutta la sua vita ad aiutare il prossimo.

Seguirà in prima persona la gestione delle sue proprietà e dopo avere tentato invano di persuadere Ignazio di Loyola a potere entrare nella Compagnia di Gesù, fondò la Compagnia delle Donne Spirituali, per sorelle laiche, dedicando la sua vita ad aiutare i più deboli e in particolare le giovani donne non maritate e i bambini a cui destinerà tutti i proventi delle sue proprietà.  

Si dice che oggi la presenza di Giangerolamo si faccia sentire nel Castello. Una presenza pacifica, si attribuiscono a lui alcuni fenomeni come rumori dei passi, alcune porte trovate aperte, le finestre che si spalancano improvvisamente nella galleria degli antenati, in alcune notti dell’anno. Spesso vengono uditi anche passi più lievi, che sarebbero quelli di Giacoma: la leggenda vuole che i due spiriti si incontrino ancora nelle sale del Castello per proseguire il loro eterno amore.

Castello di ScipionejpgIl castello di Scipione


Il castello di Montechiarugolo

Al Castello di Montechiarugolo, secondo una leggenda, si aggirerebbe una Fata di nome Bema che può essere vista solo dalle giovani donne alla vigilia delle nozze, dai fidanzati e da chi innamorato soffre di pene d’ amore.

La giovane bella e affascinate Bema giunse a Montechiarugolo nel lontano maggio del 1593 e qui si insediò per esercitare la sua magica arte. Bema era un’ Indovina e maga, e iniziò a predire il futuro nei boschi che circondavano il castello, riserva di caccia del Duca Ranuccio Farnese.

Attratto dalla bellezza e dai poteri della fanciulla, il tenebroso Duca decise di concederle un salvacondotto per circolare liberamente nel territorio farnesiano. Poco tempo dopo Ranuccio fu vinto dal timore di essere stato manipolato tramite un incantesimo e decise di liberarsi della ragazza facendola rinchiudere nella prigione della rocchetta.

La fata fu vittima di una lunga e dura prigionia ma venne poi liberata allo stremo delle forze grazie alla benevolenza del popolo.

Rientrata a Montechiarugolo, Bema fu assunta presso la corte dei Torelli per la gestione domestica. La fanciulla e Pio Torelli, figlio dell’illuminato Pomponio e di Isabella Bonelli, finirono per innamorarsi. Un amore impossibile, tanto da spingere Bema a non ascoltare il suo cuore e a rifiutare il corteggiamento di Pio. Pio fu mandato dal padre presso la corte di Parma a terminare la sua formazione scolastica. Ranuccio Farnese, sospettoso per natura e anche per il ricordo delle congiure tramate contro il proavo Pier Luigi, che ne rimase vittima (1547), e contro l’avo Ottavio che si salvò a stento (1582), nonché per l’insidia a cui poco mancò che egli stesso soccombesse presso Castelnuovo dei Terzi, vigilò attentamente la condotta dei feudatarî, non certo contenti della politica antifeudale dei Farnese. Iniziarono i giorni che portarono alla presunta congiura contro Ranuccio Farnese il quale, temendo la potenza dei numerosi e potenti feudatari del Ducato, inscenò una congiura contro la sua persona e, attraverso un crudele e durissimo uso della tortura, riuscì a estorcere numerose confessioni.

Il 19 maggio 1612 gli arrestati, compreso il giovane Pio Torelli, furono decapitati davanti al palazzo di Giustizia di Parma, in piazza Grande (oggi piazza Garibaldi) e le loro teste mozzate e conficcate su spunzoni a monito della città.

Il castello di Montechiarugolo fu occupato da una guarnigione di soldati ducali e Bema, disperata per la morte di Pio, trovò rifugio in una piccola casa nei pressi del castello, occupan

dosi per il resto dei suoi giorni di dare aiuto a poveri e bisognosi.

Oggi la fata Bema si dice che torni a passeggiare di bianco vestita tra i bastioni del castello ogni 19 maggio e allo scoccare della mezzanotte si possa udire il suo pianto per l’amore perduto così tragicamente.

_DSC2723_879jpgIl castello di Montechiarugolo


Il castello di Bardi

Il primo documento ufficiale, datato agosto 898, è l’atto di acquisto da parte di Everardo, vescovo di Piacenza, che lo trasforma in luogo di ritiro e rifugio contro le possibili invasioni degli Ungari.

Nel 1257 Ubertino (Albertino) Landi acquista dal Comune Piacentino le Valli del Taro e del Ceno e diventa proprietario della struttura.

Da questo momento la famiglia, originaria di Bobbio (Piacenza), trasformerà, nell’arco di quattro secoli, l’antica fortezza in lussuosa residenza principesca.

Il Castello di Bardi è noto per la leggenda di Moroello il fantasma che vive al suo interno.

La sua è una storia che ci riporta indietro tra il XV e il XVI secolo dove tra le mura del castello si concluse tragicamente una storia d’amore. Soleste, la figlia del castellano, era perdutamente innamorata di Moroello, comandante delle truppe, il quale sentiva per lei gli stessi sentimenti.

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Il castello di Bardi

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Castello di Bardi - il luogo dove venne fotografato il fantasma all’interno del castello

Il padre della giovane donna però l’aveva promessa in sposa a un feudatario, per ampliare i propri possedimenti terrieri e avviare una solida alleanza diplomatica.

I due si incontravano in segreto grazie all’aiuto della balia di Soleste, fino al momento in cui Moroello dovette partire con i suoi soldati per difendere i confini dello stato. Soleste ogni giorno raggiungeva il punto più alto del mastio aspettando il ritorno del suo amato.

Un giorno scorse alcuni cavalieri alla confluenza fra i torrenti Ceno e Noveglia diretti verso il castello e recanti armature e insegne dei nemici. Disperata pensò che il suo innamorato fosse morto per mano dei nemici e che questi si stessero preparando all’assedio del castello. Con questa sicurezza in testa decise di togliersi la vita gettandosi dalla torre. Se avesse solo atteso qualche instante avrebbe riconosciuto il volto a lei caro del comandante dei cavalieri: era Moroello che sfoggiava il vessillo e i colori nemici in segno di ultimo spregio e di vittoria!

Il gruppo di cavalieri oltrepassò il ponte levatoio e quando Moroello apprese del suicidio dell’amata, la seguì replicandone il gesto. Da quel giorno l’anima del cavaliere vaga per la fortezza arroccata sullo sperone di diaspro rosso.

L’aggirarsi inquieto del suo spirito è stato addirittura fotografato: Michel Dinicastro e Daniele Gullà, due parapsicologi bolognesi, armati di una fotocamera e di termocamera per la lettura e visualizzazione delle variazioni del gradiente termico dell’ambiente, sono riusciti a fotografarlo.


Fontanellato - Rocca Sanvitale

La Rocca ha origini Medioevali e precisamente risale al 1124 quando i Pallavicino costruirono la prima torre a scopo difensivo. La cinta esterna invece venne eretta, a partire dal torrione quadrato posto a nord probabilmente dopo il 1386 per opera dei Sanvitale, che acquisirono il castello dai Visconti di Milano. La struttura venne completata solo nel XVI secolo attraverso la costruzione e l’adattamento ad appartamento del primo piano, intervento che sarà preludio di una trasformazione definitiva della Rocca da fortezza difensiva a dimora residenziale.

Maria Costanza Sanvitale, nipotina della Duchessa Maria Luigia d’Austria era una bella bambina nata nell castello il 6 settembre 1836. Era molto dotata per la musica e il disegno e

e suoi genitori ne andavano fieri. Il 13 aprile 1846 fu un tragico giorno per la famiglia, in quanto, in circostanze misteriose la piccola Maria Costanza morì.

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I genitori Albertina e Luigi Sanvitale non si diedero mai pace e da allora, nel castello, si aggira lo spirito di una bambina con lunghi capelli neri vestita di bianco. Di notte i sorveglianti del castello dicono di udire passi, oggetti che cadono e che la piccola Maria Costanza, morta in così tenera età, non voglia abbandonare il suo amato castello.

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La rocca di Fontanellato - La sala della musica dove Costanza amava esibirsi


Il castello custodisce altre particolarità, come l’unica Camera Ottica funzionante in Italia, ripresa anche nel film “Prima della rivoluzione” di Bernardo Bertolucci del 1964.

La Camera Ottica, costruita nel XIX secolo, consiste in un sistema di prismi.

È collocata alla fine del giardino pensile, dove la contessa Albertina Sanvitale con i figlioletti, era solita passeggiare. Continua come allora a stupire. Personalmente sono entrato in questa stanza buia e mi sono disposto lungo la parete al buio completo con la mia fotocamera. Ho chiuso la porta con il chiavistello e ha preso forma un effetto ottico molto suggestivo su due schermi concavi posti come tavolini. Qui si vede l’immagine rovesciata della piazza antistante al castello con la gente che passa in tempo reale. I raggi del sole vengono filtrati grazie al gioco di prismi e vengono proiettate con due sistemi di specchi le immagini del mondo esterno come se esse penetrassero attraverso i muri.  

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Un'altra particolarità è data dal gioiello più prezioso che custodisce il castello: la “Saletta di Diana e Atteone” affrescata da Francesco Mazzola, detto il Parmigianino, nel 1524. Galeazzo Sanvitale signore del tempo diede incarico a Francesco Mazzola di eseguire una serie di affreschi con tema Diana e Atteone nel bagno privato della moglie Paola Gonzaga. L’affresco, eseguito su 12 lunette della stanza, segue il mito di “

Le Metamorfosi

“di Ovidio dove il cacciatore Atteone sorprese Diana nuda al bagno presso una fonte tra le ninfe; per questa ragione Atteone venne punito con la trasformazione in cervo e sbranato dai suoi stessi cani. Il tema è spiegato dai versi Latini:

«AD DIANAM / DIC DEA SI MISERUM SORS HUC ACTEONA DUXIT A TE CUR CANIBUS / TRADITUR ESCA SUIS / NON NISI MORTALES ALIQUO / PRO CRIMINE PENAS FERRE LICET: TALIS NEC DECET IRA / DEAS»,

che tradotti:

«A Diana. Di’, o dea, perché, se la sorte condusse qua da te l’infelice Atteone, lo si trasforma in cibo per la sua muta? Solo per una qualche colpa i mortali dovrebbero patire punizioni: una tale ira non si addice alle dee».

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La rocca di Fontanellato - La saletta di Diana e Atteone

Il significato degli affreschi non è chiaro, nonostante vi siano stati numerosi studi in proposito. L’ipotesi più semplice è che si tratti del tema mitologico letterario scelto in relazione all’attività svolta in quella stanza, il bagno della contessa. Fagiolo dell’Arco ha proposto una lettura alchemica, secondo cui la storia rappresenta l’unione del principio maschile e femminile, dove il cacciatore Atteone, per appropriarsi del principio divino, impersonificato dalla dea Diana, è disposto a mutarsi da predatore a preda e a morire. Infine Ute Davitt Asmus legò invece la figura di Diana a quella di Paola Gonzaga , associandole il tema della caccia intesa come “caccia d’amore” e quello della lettura cristianizzata di Ovidio alla luce della dottrina neoplatonica. La studiosa inoltre vi lesse un riferimento agli eventi tragici subiti dai committenti, legati alla morte del loro primo figlio, nel settembre del 1523. L’ipotesi, vedrebbe dunque Paola-Cerere che assiste impotente alla punizione ingiusta che gli dei infliggono agli uomini dal destino avverso. Nell’affresco Atteone infatti, sebbene sbranato, non mostra sul viso nessuna smorfia di dolore, andando incontro impassibile al suo destino. Inoltre nel ciclo di affreschi viene rappresentato un putto con al collo una collanina di corallo rosso che verrebbe identificato nel figlio perduto, morto pematuramente, dalla coppia; mentre la visione del roseto celeste, emblema mariano, suggerirebbe la sola via di consolazione alla tragedia, la fede e la preghiera cristiana in quel senso scritto sulle pareti il “Respice Finem”, che sarebbe l’invito a guardare al “fine” dell’esistenza umana cioè Dio.

Per questo insieme di particolarità la visita al castello si presenta come una splendida occasione per unire la storia al mistero.



il Castello di Soragna

Il castello della Rocca di Soragna, medioevale, è stato riedificato da Bonifacio e Antonio Lupi nel 1385. La dimora storica si è arricchita nel tempo di innumerevoli opere d’arte inestimabili testimonianze del passato. Il castello è sempre stato di proprietà dei Principi Meli Lupi che ancora oggi la abitano.

Nel 1548 Cassandra Marinoni sposò a Cassano d’Adda Diofebo II Meli Lupi marchese di Soragna.

Diofebo seguiva molte imprese militari insieme a Ottavio e Alessandro Farnese, lasciando spesso sola Cassandra, che in sua assenza amministrava il piccolo feudo padano. Qui accolse la sorella Lucrezia, che nel 1560 si era sposata con il conte Giulio Anguissola, uomo violento che aveva dissipato tutti i suoi beni e quelli della moglie, cercando anche di avvelenarla.

Il 18 giugno 1573 Giulio Anguissola giunse a Cremona, dove si trovava Lucrezia, con un gruppo di uomini armati e, riuscito a entrare con l’inganno, uccise a pugnalate la moglie e colpì anche Cassandra Marinoni che era andata a trovarla. Ferita gravemente, il giorno dopo la marchesa venne portata nel castello a Soragna dove spirò.

La leggenda vuole che il fantasma di Cassandra compaia da allora vestita di abiti color della cenere. Da qui il nome con cui tutti conoscono il fantasma: “Donna Cenerina“.

Tutta la famiglia Meli Lupi nei secoli racconta storie di apparizioni dello spettro che non avendo ricevuto vendetta non si dà pace materializzandosi solo per annunciare la morte imminente di un membro della famiglia.

Oltre a questo La Rocca di Soragna è citata come esempio del primo Barocco: le sue sale, infatti, conservano inalterati gli originari mobili e arredi, realizzati e dorati in buona parte a Venezia. La fastosità delle decorazioni barocche, perfettamente conservate e senza contaminazioni, si può ammirare soprattutto nell’ala est del primo piano nell’Appartamento Nobile che racconta l’ascesa al rango di Principi dei Meli Lupi nel 1709.

Un capolavoro è la Camera nuziale con l’adiacente elegante Salottino, in cui spicca il pregio degli arredamenti per gli sfarzosi intagli rivestiti d’oro zecchino.

Da ammirare sono anche le decorazioni a fresco ed a stucco che ornano le pareti della Rocca, realizzate dai fratelli Ferdinando e Francesco Galli “ Bibiena”, ma anche le opere di Giovanni Bolla, Giacomo Facchini, Giacomo Mercoli, Giovanni Motta.

All’interno del castello è possibile ammirare inoltre le opere di celebri artisti come Felice Boselli, il Brescianino e G.B. Lazzaroni, di scultori come Luigi da Co e Alberto Oliva, e intagliatori come Lorenzo Aili.
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Il castello di Soragna - la camera nuziale

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Il castello di Soragna - particolare della camera nuziale