Il cioccolato il cibo degli dei Testo e foto di Toni Spagone

Sebbene oggi il cacao sia un bene comune, un tempo era molto prezioso essendo una vera e propria rarità. Ma quali sono le sue origini?

La pianta Theobroma cacao, nome scientifico del cacao, è originaria dell’America meridionale ed era sconosciuta in Europa e nel resto del mondo fino alla scoperta del continente americano.

La pianta fu classificata con questo nome, considerando che nella lingua della famiglia mixe-zoqueana parlata dagli olmechi attorno al 1000 a.C., veniva pronunciata  kakawa. In epoche successive ,fra il III secolo e il X secolo, i maya cominciano a chiamare il Theobroma con il termine “kakaw”. La preparavano con acqua calda e assumevano la bevanda miscelandovi aromi di varia natura, come il chili. Nella loro lingua, acqua si diceva haa, e caldo si diceva chacau, quindi la bevanda di cacao assumeva nome di chacauhaa. Il sinonimo di chacau era chocol, da cui derivava chocolhaa, primo nome che si avvicinava allo spagnolo chocolate.

Vi sono prove archeologiche , dal sito di Santa Ana-La Florida nel Sud-est dell’Ecuador, che siano presenti granuli di amido di cacao, residui di teobromina assorbiti in DNA antico risalenti a circa 5300 anni fa (3300 a.C.). Questi risultati costituiscono la prima prova che il Theobroma cacao era in uso in Sud America in epoca precolombiana. Il consumo del cacao avveniva 1500 anni prima che ci fossero abitanti in America centrale. Nella cultura Mayo-Chinchipe, che abitavano la zona dell’attuale Ecuador, il ruolo del cacao, nella loro dieta, assumeva un ruolo determinante. Secondo precise ricerche botaniche, si presume che la pianta del cacao fosse presente più di 6000 anni fa nelle zone del Rio delle Amazzoni e dell’Orinoco.

Nelle Americhe il cioccolato veniva consumato come bevanda, chiamata xocoatl, spesso aromatizzata con vaniglia, peperoncino e pepe. La bevanda era ottenuta a caldo o a freddo con l’aggiunta di acqua e altri componenti nutrienti e addensanti, come farine e minerali. La caratteristica principale della bevanda era la schiuma, che veniva ottenuta mediante travasi ripetuti dall’alto da un recipiente a un altro.

Lo xocoatl alleviava la sensazione di fatica, grazie alla teobromina in esso contenuta.

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In tutta l’America centrale pre-colombiana, i semi di cacao erano usati come moneta di scambio, di conto e anche come unità di misura, per questo erano considerati molto preziosi. Nel tesoro dell’imperatore Motecuhzoma (più noto con il nome storpiato di Montezuma) ve ne erano quasi un miliardo.

Il cacao veniva coltivato, consumato e usato anche nella Mesoamerica, regione dalla quale proviene l’albero del cacao (Theobroma cacao). Le bevande fermentate a base di cioccolato vengono fatte risalire tra il 1900 e il 1500 a.C. Grazie al ritrovamento di una nave in un sito archeologico olmeco della costa del Veracruz, in Messico, vi sono prove che il cioccolato veniva già preparato dai popoli pre-olmechi nel 1750 a.C.. Dalle analisi fatte in un sito Mokaya sulla costa del Chiapas, in Messico, si deduce che il cioccolato venisse usato per preparare delle bevande già intorno al 1900 a.C. I Pueblo, che occupavano gli odierni Stati Uniti sud-occidentali, erano abituali consumatori di cacao e lo facevano importare dalle culture mesoamericane del Messico meridionale tra il 900 e il 1400 a.C.

I Maya furono i primi a coltivare il Theobroma cacao nella zona dello Yucatan in Messico, il Chiapas e la costa pacifica del Guatemala.

Il Codice di Dresda, un manoscritto risalente al XIII o al XIV secolo considerato il più antico codice superstite proveniente dalle Americhe e interamente disegnato con geroglifici dalla popolazione Maya, specifica che si trattava del cibo del dio della pioggia Chaac, mentre il Codice di Madrid, risalente al periodo preispanico, più precisamente al tardo periodo postclassico mesoamericano riporta che, per permettere alle piante di cacao di produrre frutti, gli dei vi versavano il loro sangue. Il popolo Maya si riuniva una volta all’anno per ringraziare il dio del cacao Ek Chuah.

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Codice di Madrid - particolare


I Maya chiamavano il cioccolato kakaw uhanal, ovvero “cibo degli dei”. Il suo consumo era riservato solo ai sovrani ai nobili e ai guerrieri. Veniva offerto insieme all’incenso come sacrificio alle divinità e a volte mischiato al sangue degli stessi sacerdoti. A conferma di ciò, sono stati trovati diversi esempi di raffigurazione della pianta del cacao su alcuni vasi e codici miniati Maya.

A differenza dei Maya, gli Aztechi bevevano il cioccolato freddo. Consumato in diverse circostanze, fungeva da afrodisiaco ed era ricompensa per gli uomini dopo i banchetti, oltre a essere consumato dai soldati aztechi durante le battaglie come energizzante.

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Cristoforo Colombo il 15 agosto 1502, durante il suo quarto viaggio nelle Americhe, fece sequestrare una grande canoa contenente i semi di una pianta, questa fu la prima volta che venne a conoscenza dell’esistenza del cacao. Il figlio, Fernando riporta: «quando furono portate a bordo della nave insieme alle altre merci, mi accorsi che tutti si chinavano a raccogliere le mandorle (i semi di cacao) ogniqualvolta queste cadevano a terra. Quando lo facevano sembrava che fosse caduto a loro un occhio.» Dall’America centrale, il cacao giunse in Europa attorno alla metà del Cinquecento e benché Colombo lo avesse fatto conoscere a Ferdinando e Isabella di Spagna, questo non ebbe alcun impatto significativo nella gastronomia Europea. Saranno in seguito i frati spagnoli a far conoscere il cioccolato alla corte spagnola.

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Cristoforo Colombo sbarca nel Nuovo mondo

aperte in quanto fu scambiato per il dio Quetzalcoatl, che secondo la leggenda sarebbe dovuto tornare in terra proprio quell’anno. Montezuma gli offrì in dono un’intera piantagione di cacao. Nel 1528 Cortés portò in Spagna alcuni semi di cacao, recandoli in dono a Carlo V. Bernal Díaz, che accompagnò Cortés nei suoi viaggi di conquista del Messico, nel 1568,scrisse:

«Di tanto in tanto gli servivano (a Montezuma) una certa bevanda a base di cacao in coppe d’oro puro. Si diceva che chi la beve può esercitare potere sulle donne, ma di questo non me ne sono potuto accertare. Li vidi portare più di cinquanta grandi brocche di cacao con schiuma, e lui ne bevve un po’. Intanto le donne lo servivano con grande riverenza.»

Il gesuita spagnolo José de Acosta, che visse in Perù e poi in Messico alla fine del XVI secolo, descrisse la bevanda:

«Disgustoso per coloro che non lo conoscono, con una schiuma o pellicola in superficie che è molto sgradevole al gusto. Tuttavia è una bevanda molto apprezzata dagli indiani, che la usano per onorare i nobili che attraversano il loro paese. Gli spagnoli, sia uomini sia donne, che si sono abituati al paese sono molto golosi di questo Chocolaté. Dicono di prepararne diversi tipi, caldi, freddi, tiepidi, e di aggiungervi molto chili; ne fanno inoltre una pasta che dicono essere buona per lo stomaco e contro il catarro.»


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Hernán Cortés e gli ambasciatori di Montezuma, aprile 1519

A seguito della conquista dei territori Aztechi da parte degli spagnoli, il cacao venne importato in Europa. Dapprima venne impiegato come medicinale , credendo che il sapore amaro potesse curare i dolori addominali e solo in un secondo momento, addolcito a dovere , divenne parte dell'alimentazione dei nobili. Gli spagnoli per renderne il gusto simile al cioccolato mesoamericano, utilizzavano delle spezie. Solo nel XVIII secolo si perse questa consuetudine .

Per tutto il Cinquecento il cioccolato rimase un’esclusiva della Spagna, incrementandone le coltivazioni. La Contea di Modica, allora protettorato spagnolo, importa la lavorazione del cioccolato a tavoletta di origine azteca che dà origine allo xocoàtl, un prodotto che gli abitanti del Messico ricavavano dai semi di cacao triturati su una pietra chiamata metate, prodotto che ormai si produce nella sola Modica in Sicilia.

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Sicilia Modica - Lavorazione dei semi di cacao con la pietra chiamata “metate”

Nel Seicento il cacao arriva in Toscana e inizia la sua diffusione in Italia nelle città di Firenze, Torino e Venezia. Nel 1615 il cioccolato arriva in Francia grazie ad Anna D’Austria, moglie di

Luigi XIII. Nel 1650, a Oxford, in Inghilterra, si inizia a servire il cioccolato negli stessi locali dove si serve il caffè.

Verso la fine del Seicento si diffuse tra i nobili in tutta Europa, diventando un lusso e fu proprio allora che gli olandesi, abili navigatori, strapparono il predominio commerciale agli spagnoli prendendo il controllo mondiale sul cacao.

Tra l’inizio del XVII e la fine del XIX secolo per l’alta domanda di cioccolato, aumentarono le piantagioni di cacao gestite da coloni inglesi, olandesi e francesi. Vista la faticosa e lenta lavorazione della fava di cacao, in quanto manuale, vi fu un fiorente mercato di schiavi. A causa della mancanza di lavoratori mesoamericani, in gran parte dovuto alle malattie portate sul suolo americano dagli stessi europei, il cacao usato per fare il cioccolato veniva prodotto da africani ridotti in schiavitù.

Nel Settecento, a Venezia, nascevano le prime botteghe del caffè. Queste facevano a gara per inventarsi nuove ricette per il cioccolato che, per tutto il XVIII secolo, fu visto come una panacea in grado di curare ogni male facendone così diffondere il suo consumo a dismisura.

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La coltivazione del cacao aumentava in maniera spropositata in Brasile, Venezuela, Martinica, nelle Filippine e in contemporanea le città Europee si pregiarono della fama di maggiori siti per la lavorazione del cioccolato; prima fra tutte Torino che arrivò ad avere una produzione di ben 350 kg al giorno, esportando in Austria, Svizzera, Germania e Francia.

Solo nel 1729 in Inghilterra, Walter Churchman di Bristol, presentò al re Giorgio II il brevetto e l’uso esclusivo di un’invenzione per «produrre rapidamente, finemente e in modo pulito il cioccolato mediante un motore». La macchina di Churchman, che è considerata la prima macinatrice meccanica del cacao, riusciva a schiacciare una quantità di semi di cacao mai vista prima.

Per velocizzare la produzione si utilizzavano mulini a energia eolica e a cavalli. A facilitare il processo di estrazione contribuiva anche il riscaldamento degli ambienti di lavoro delle macine.

Doret, maestro cioccolatiere di Torino, alla fine del XVIII secolo, inventò il primo cioccolatino da salotto come lo conosciamo oggi. Nel 1800, la tradizione del cioccolato era talmente radicata nella città piemontese che gran parte dei cioccolatai attivi in Italia, come “Gay-Odin” a Napoli e la “Bottega del cioccolato” a Roma provenivano da questa regione.

Agli inizi della rivoluzione industriale, l’introduzione di nuove tecnologie, tra cui la macchina a vapore, permisero di migliorare i processi produttivi del cioccolato.

Sebbene le bevande al cioccolato venissero insaporite con il latte sin dalla metà del XVII secolo, nel 1875 Daniel Peter, un fabbricante di candele svizzero, si unì al suocero François-Louis Cailler (inventore della tavoletta di cioccolato) nella produzione del cioccolato. Cominciarono a includere il latte tra gli ingredienti, presentando sul mercato il cioccolato al latte. Per rimuovere l’acqua contenuta nel latte, consentendone una più lunga conservazione, fu assistito da un vicino, un fabbricante di alimenti per l’infanzia di nome Henri Nestlé. Nel 1879 Rodolphe Lindt inventò la macchina del concaggio, che consiste nel mantenere a lungo rimescolato il cioccolato fuso per assicurarsi che la miscelazione sia omogenea; con questa procedura che migliorò la consistenza e il gusto. Il cioccolato prodotto divenne cioccolato fondente.

Nel 1802 venne inventata una macchina da Bozzelli che serviva per raffinare la pasta di cacao e miscelarla con zucchero e vaniglia. Solo però nel 1820 il sistema fu messo a punto con la prima tavoletta di cioccolata di tipo commerciale che fu prodotta in Inghilterra.

Nel 1826, a Torino, Pierre Paul Caffarel cominciò la produzione di cioccolato in grandi quantità grazie a una nuova macchina capace di produrre oltre 300 kg di cioccolato al giorno.

Nel 1828 l’olandese Conrad J. van Houten brevettò un metodo per estrarre il grasso dai semi di cacao trasformandoli in cacao in polvere e burro di cacao.

Nel 1852 a Torino Michele Prochet comincia a miscelare cacao con nocciole tritate e tostate creando la pasta Gianduia che verrà poi prodotta sotto forma di gianduiotti incartati individualmente.

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Oggi il cioccolato è apprezzato e amato da tutti, anche perchè ci rende più amabili nei momenti tristi.

Penso che per definirlo basti la frase del pasticcere Ernst Friedrich Knam:

“Il cioccolato è tutto; un mondo a 360°. Purtroppo spesso ci dimentichiamo che non nasce tale, le tavolette non si raccolgono dagli alberi. Alla base ci sono le fave del cacao, da cui poi viene estratto il cioccolato in tutte le sue forme e consistenze.”... e con questo articolo spero di averlo ricordato.

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